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Martin Luther King
 

(L'autobiografia - terza parte)

Sermone pronunciato nella chiesa di Ebenezer il 5 novembre 1967

Vi dico questa mattina, che se non avete mai trovato una cosa che vi sia talmente cara e preziosa per cui dareste in cambio la vita, non siete adatti alla vita. Potreste avere trentottanni, come si da il caso che ne abbia io, e un giorno vi troverete di fronte una grande occasione, che vi sollecita a schierarvi a favore di qualche grande principio, di una grande questione, di una grande causa. E voi vi rifiutate di farlo perché avete paura. Vi rifiutate di farlo perché volete vivere più a lungo. Avete paura di perdere l’impiego, oppure avete paura di essere criticati, o di perdere la popolarità, o avete paura che qualcuno vi pugnalerà o vi sparerà addosso o vi farà saltare la casa. E quindi rifiutate di prendere posizione. Ebbene, può darsi che continuate a vivere fino a novanta anni, ma a trentotto siete già morti quando lo sarete a novanta anni. E nella vostra vita l’arresto del respiro non sarà che l’annuncio tardivo di una morte dello spirito che è già avvenuta. Siete morti quando avete rifiutato di schierarvi dalla parte della verità. Siete morti quando avete rifiutato di schierarvi dalla parte della giustizia…..
Non pensate mai di essere soli. Andrete in prigione, se necessario, ma non andrete mai soli. Prenderete posizione a favore di quel che è giusto, e magari il mondo non vi capirà, vi criticherà. Ma non sarete mai solo, perché da qualche parte ho letto che uno solo con Dio è una maggioranza. E Dio ha la sua maniera di trasformare la minoranza in maggioranza. Camminate con Lui stamani, e credete in Lui, e fate quel che è giusto, e Lui sarà con voi fino alla consumazione dei tempi. Ho sentito le onde del peccato infrangersi, cercare di sopraffare la mia anima, ma ho udito la voce di Gesù che diceva ancora di continuare a lottare. Mi ha promesso di non lasciarmi mai solo, di non lasciarmi mai solo. No, mai solo. No, mai solo.

Sapete che Gesù, con una magnifica parabola, ci ha ricordato un giorno che un uomo andò all’inferno perché non vedeva i poveri. Si chiamava Epulone. E c’era un uomo chiamato Lazzaro che veniva tutti i giorni alla sua porta, che non aveva la possibilità di soddisfare i più elementari bisogni vitali, ma Epulone non fede niente per lui. Così alla fine si trovò all’inferno. Nella parabola non si dice affatto che Epulone sia finito all’inferno perché era ricco. Gesù non ha mai proclamato una condanna universale contro la ricchezza. E’ vero che un giorno un giovane ricco e potente venne da Lui per parlare della vita eterna, e Gesù gli consigliò di vendere tutto, ma in quel caso Gesù ha fatto una prescrizione individuale, non ha proclamato una diagnosi universale. Se continuerete a leggere quella parabola in tutte le dimensioni e in tutto il suo simbolismo, ricorderete che fra il cielo e l’inferno si svolge un dialogo. All’altro capo di quella telefonata interurbana fra il cielo e l’inferno si trova Abramo, che sta in cielo e parla con Epulone che sta all’inferno. Non è un milionario all’inferno che parla con un povero in cielo, è un piccolo milionario all’inferno che parla con un multimilionario in cielo. Epulone non è andato all’inferno perché era ricco; la sua ricchezza era l’opportunità di cui disponeva per gettare un ponte sull’abisso che lo separava da suo fratello Lazzaro. Epulone è andato all’inferno perché ha lasciato che Lazzaro diventasse invisibile. Epulone è andato all’inferno perché ha lasciato che i mezzi con i quali viveva tenessero a distanza i fini per cui viveva. Epulone è andato all’inferno perché ha voluto essere un obiettore di coscienza nella guerra contro la povertà.
Ora io vengo qui per dire che anche l’America andrà all’inferno, se non usa la sua ricchezza. Se l’America non usa le sue immense risorse di ricchezze per metter fine alla povertà e rendere possibile a tutti i figli di Dio di soddisfare i bisogni elementari della vita, andrà all’inferno anche lei. Sentirò l’America parlare attraverso i suoi storici, negli anni e nelle generazioni future, per dire: "Abbiamo costruito ponti mastodontici, per attraversare i mari. Con le nostre navicelle spaziali siamo riusciti a creare autostrade nella stratosfera. Con i nostri sottomarini siamo riusciti a penetrare negli abissi dell’oceano". E mi sembra di udire il Dio dell’universo che dice: "Anche se avete fatto tutto questo, io ero affamato e voi non mi avete dato da mangiare. Ero
nudo e non mi avete rivestito. I bambini dei miei figli e delle mie figlie avevano bisogno di sicurezza economica e voi non gliel’avete data. E dunque non potete entrare nel regno della grandezza". Questa potrebbe essere davvero la condanna dell’America. E quella stessa voce dire all’intera struttura del potere: "Quanto avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei figli l’avete fatto a me".

Dio non ci giudica per i singoli incidenti o per i singoli errori che commettiamo, ma per la tendenza generale della nostra vita. In ultima analisi, Dio sa che i suoi figli sono deboli e sono fragili. In ultima analisi, quel che Dio chiede è che il vostro cuore sia retto.

Ogni tanto, immagino, tutti noi pensiamo in modo realistico al giorno in cui resteremo vittime di quello che è il definitivo comune denominatore della vita: quella cosa che chiamiamo morte. Tutti noi ci pensiamo: E di tanto in tanto io penso alla mia morte, e penso al mio funerale. Non ci penso in maniera morbosa. Di tanto in tanto mi domando:"Che cosa vorrei che dicessero?".
Quel giorno mi piacerebbe che dicessero: Martin Luther King junior ha cercato di dedicare la vita a servire gli altri.
Quel giorno mi piacerebbe che si dicesse: Martin Luther King junior ha cercato di amare qualcuno.
Vorrei che diceste: quel giorno, che ho cercato di essere giusto sulla questione della guerra.
Quel giorno vorrei che poteste dire che ho davvero cercato di dar da mangiare agli affamati.
E vorrei che poteste dire, quel giorno, che nella mia vita ho davvero cercato di vestire gli ignudi.
Vorrei che diceste, quel giorno, che ho davvero cercato, nella mia vita, di visitare i carcerati.
Vorrei che diceste che ho cercato di amare e servire l’umanità.
Si, se volete dire che sono stato un tamburo maggiore, dite che sono stato un tamburo maggiore per la giustizia. Dite che sono stato un tamburo maggiore per la pace. Sono stato un tamburo maggiore per la rettitudine. E tutte le altre cose di superficie non conteranno. Non avrò denaro da lasciare dietro di me. Non avrò le cose belle e lussuose della vita da lasciare dietro di me. Ma io voglio avere soltanto una vita impegnata da lasciarmi alle spalle. Ed è tutto quel che volevo dire.
Se riesco ad aiutare qualcuno mentre passo, se riesco a rallegrare qualcuno con una parola o con un canto, se riesco a mostrare a qualcuno che sta andando nella direzione sbagliata, allora non sarò vissuto invano. Se riesco a fare il mio dovere come dovrebbe un cristiano, se riesco a portare la salvezza a un mondo che è stato plasmato, se riesco a diffondere il messaggio come il Maestro ha insegnato, allora la mia vita non sarà stata invano.



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