Troppo spesso la religione è andata a picco, perché era incatenata a un sistema contingente con il quale si era alleata. Dobbiamo perciò riconoscere che gli uomini come Geremia sono preziosi per ogni religione. E’ come se grazie agli uomini come Geremia la religione provvedesse a far progredire se stessa, e contenesse in se la promessa di andare avanti e di rinnovare le proprie energie. Ma come reagisce la società di fronte a uomini simili? Ha sempre reagito, e sempre reagirà, nel solo modo che le è possibile: li annienterà. Geremia è morto martire.
Mi misi a pensare a una donna devota e leale, mia moglie, addormentata nell’altra camera. E avrebbero potuto portarmela via, oppure avrebbero potuto togliermi a lei. Finché arrivai al punto in cui non ce la facevo più. Ero debole. Una voce mi diceva: "Adesso non puoi chiedere aiuto a papà, oppure alla mamma. Dovrai ricorrere a quel "qualcosa" dentro di te di cui ti parlava papà, quel potere che riesce a trovare una via d’uscita dove non ce ne sono". Con la testa fra le mani mi piegai sul tavolo di cucina e pregai ad alta voce:"Signore, sono quaggiù e cerco di fare quel che è giusto. Penso di avere ragione: Sono qui e mi sono schierato per qualcosa che credo che sia giusto. Ma, Signore devo confessare che adesso sono debole, vacillo, sto per perdermi di coraggio. Adesso ho paura. E non posso permettere che la gente mi veda in questo stato, perché se mi vedono debole e scoraggiato cominceranno a indebolirsi. La gente guarda a me per avere una guida, e se io mi presento davanti a loro senza forza, senza coraggio, anche loro cominceranno a vacillare. Sono allo stremo delle forze. Non mi resta niente. Sono arrivato al punto di non poter più affrontare la situazione da solo".
Mi sembrò di poter udire la tranquilla certezza di una voce interiore che mi diceva: "Martin Luther, schierati dalla parte della rettitudine: Schierati dalla parte della giustizia. Schierati dalla parte della verità. E vedrai: io sarò con te. Fino alla fine del mondo.
Vi dico che ho veduto il lampo del fulmine. Ho udito il ruggire del tuono. Ho sentito i marosi del peccato rovesciarsi su di me, nel tentativo di assoggettare la mia anima. Ma ho sentito la voce di Gesù che tuttavia diceva di continuare la lotta. Mi ha promesso di non lasciarmi mai da solo. In quel momento ho percepito la presenza del Divino come non Lo avevo mai percepito: Quasi subito le mie paure si attenuarono. La mia confusione scomparve. Ero pronto ad affrontare qualsiasi cosa.
I negri hanno molti sentimenti repressi e frustrazioni latenti, ai quali devono dare libero sfogo. Perciò lasciateli sfilare in corteo, lasciateli andare in pellegrinaggio di preghiera fin sotto il municipio; lasciateli partire per i "viaggi di libertà" e cercare di capire come mai devono fare queste cose. Se le loro emozioni represse non potranno esprimersi in forme non violente, cercheranno un’espressione violenta: e questa non è una minaccia, è una volontà storica. Perciò non ho detto al mio popolo: "Sbarazzatevi della vostra insoddisfazione". Ho cercato piuttosto di dire che questa insoddisfazione, normale e sana, può trovare modo di esprimersi in forme creative, con l’azione diretta non violenta. Ora una simile espressione viene definita estremista.
Sebbene sul momento mi disturbasse di essere messo nel novero degli estremisti, continuando a riflettere sull’argomento sono arrivato pian piano a ricavare una certa soddisfazione da questa etichetta. Gesù non era forse un estremista dell’amore: "Amate i vostri nemici" (Luca 6:27-28); Amos non era forse un estremista della giustizia: "Il diritto abbia il suo corso come l’acqua, e la giustizia come un fiume perenne" (Amos, 5:24); Paolo non era forse un estremista del Vangelo cristiano: "Io porto nel mio corpo le impronte di Gesù" (Galati 6:17). Martin Lutero non era forse un estremista: "Qui sto e non posso altrimenti, che Dio mi aiuti". E John Bunyan: "Preferisco restare in prigione fino alla fine dei miei giorni piuttosto che fare scempio della mia coscienza"; e Abraham Lincoln: "Questa nazione non può sopravvivere schiava per metà e libera per metà". E Thomas Jefferson: "Noi riteniamo queste verità essere evidenti per sé che tutti gli uomini sono creati uguali". Perciò non si tratta di sapere se siamo estremisti o no, ma piuttosto quale tipo di estremisti siamo. Siamo estremisti dell’odio o dell’amore? Siamo estremisti nel difendere l’ingiustizia o nell’estendere l’ambito della giustizia? Nella drammatica scena del calvario ci sono tre uomini crocifissi, non dobbiamo mai dimenticare che tutti e tre sono stati crocifissi per lo stesso delitto, un delitto di estremismo: due erano estremisti dell’immoralità, e quindi sono caduti al di sotto delle loro circostanze; il terzo, Gesù Cristo, era un estremista dell’amore, della verità, della bontà, e in virtù di questo si è innalzato al di sopra delle sue circostanze. Forse gli stati del Sud, la nazione e il mondo hanno un estremo bisogno di estremisti creativi.
Qualcosa mi dice che un uomo non supera la prova decisiva quando è nei suoi momenti di benessere,
nei suoi momenti di comodità, ma la supera a seconda di come si comporta nei momenti del cimento, nei momenti della
controversia.
Devo riconoscere che ci saranno ancora ad aspettarci celle di prigioni, ancora momenti bui e difficili.
Andremo avanti con la fede che la non violenza e il suo potere hanno trasformato gli ieri oscuri in domani luminosi. Saremo
in grado di modificare tutte queste situazioni.
Non dobbiamo mai avere l’obiettivo di sconfiggere o di umiliare l’uomo bianco, bensì
di conquistarne l’amicizia e la comprensione. Dobbiamo capire che il nostro obbiettivo è una società
in pace con se stessa, una società che possa vivere con la propria coscienza. Quello non sarà il giorno
dell’uomo bianco, non sarà il giorno dell’uomo nero; sarà il giorno dell’uomo in quanto uomo.
Lo so, oggi vi chiedete: "Quanto tempo ci vorrà?". Questo pomeriggio vengo a dirvi che
per quanto il momento sia difficile, per quanto l’ora sia frustrante, non ci vorrà molto, perché la
verità schiacciata contro terra si risolleverà.
Quanto tempo ci vorrà? Non tanto, perché nessuna menzogna può vivere in eterno.
Quanto tempo ci vorrà? Non tanto, perché è pur sempre vero che mieterete quel che seminate.
Quanto tempo ci vorrà? Non tanto, perché il braccio dell’universo morale è lungo,
ma si piega verso la giustizia.
Quanto tempo ci vorrà? Non tanto, perché i miei occhi hanno visto
la gloria della venuta del Signore, che nel tino calpesta le uve della sua ira. Ha sfoderato il lampo fatale della sua
terribile e fulminea spada. La sua verità è in marcia.
Ha fatto risuonare le trombe che non chiameranno mai alla ritirata.
Egli innalza i cuori degli uomini di fronte al seggio del Suo giudizio. Oh, anima mia, sii pronta a risponderGli.
Siate giubilanti miei piedi. Il nostro Dio è in marcia.